Ornella De Stefano

Ornella De Stefano

Martedì, 09 Maggio 2023 15:16

One Second

Titolo originale: Yi miao zhong
Regia: Zhang Yimou
Soggetto: dal romanzo One Second di Geling Yan
Sceneggiatura: Zhang Yimou, Jingshi Zou
Fotografia: Xiaoding Zhao
Scenografia: Lin Chaoxiang
Montaggio: Du Yuan
Musiche: Loudboy (Zai Lao)
Cast: Zhang Yi (Cattivo soggetto, Zhang Jiusheng), Liu Haocun (Orfana Liù), Fan Wei (Mister Film, Fan Dianying), Ailei Yu (segretario Cui), Shaobo Zhang (Piccolo Liù)
Produzione: Huanxi Media Group
Distribuzione: Fenix Entertainment - Europictures
Cina, 2020
Durata: 104'
 
RICONOSCIMENTI
Asian Film Award 2021: miglior film, regia, attore, debutto, compositore.
AACTA (Australia): miglior film asiatico.
 
Un batter di ciglia, un sospiro... quanto dura un secondo? Certo molto meno di un estenuante cammino nel deserto, di una prigionia dolorosa e ingiusta. Dura appena il tempo di far scorrere davanti alla lampada di un proiettore i 24 fotogrammi che conservano un sorriso perduto caro alla memoria, ma che può dar senso ad una vita.
 
Zhang Yimou, il più noto e celebrato regista cinese dei nostri giorni, ritorna nei luoghi della Cina rurale al tempo della Rivoluzione Culturale di Mao Zedong per filmare un’appassionata e affascinante dichiarazione di amore per il Cinema, quello girato in pellicola che richiamava il pubblico nelle sale delle metropoli come dei villaggi sperduti negli angoli remoti del mondo.
 
Autore eclettico ed esponente più noto fra i cosiddetti cineasti della Quinta Generazione, ha contestato gli stereotipi imposti in ogni fase della Storia dal potere, tratteggiando storie di donne e uomini che caparbiamente cercano la loro strada sfidando regole omologanti e spersonalizzanti. Con opere esteticamente raffinate come Lanterne Rosse e Vivere!, Yimou ha iscritto il cinema cinese nei palmarès dei festival più importanti e confrontandosi con generi diversi, dai wuxiapian come Hero e La foresta dei pugnali volanti, cinema epico d’azione, alle pellicole di genere bellico e fantastico ha raggiunto il pubblico più vasto in ogni parte del mondo. Ha fatto da apripista sugli schermi esteri per un’intera generazione di autori ma, nonostante l’apparente riconoscimento conferitogli con l’assegnazione della regia della cerimonia di apertura delle Olimpiadi 2008, non ha mai goduto in patria dello stesso successo e apprezzamento, al pari di altri suoi ottimi connazionali.
 
one secondOne Second è figlio di questa storia: è tratto da un romanzo della scrittrice Yan Geling (come già I fiori della guerra e Lettere di uno sconosciuto), nata in Cina ma da tempo residente in Europa perché figura non gradita in patria per essersi espressa criticamente verso le politiche dell’attuale Presidente. Non sorprende dunque che il suo nome non appaia nei credits. Peraltro, il film stesso è stato al centro di un mistero che ha intrigato i critici al Festival di Berlino del 2019, per il ritiro della pellicola poco prima della proiezione giustificato ufficialmente con difficoltà insorte in fase di post produzione. Dietro la lapidaria giustificazione molti sospettarono interventi censori che avrebbero costretto il regista a rivedere l’opera prima di presentarla al pubblico internazionale. Quale che sia la verità, per ampi che siano stati i tagli cui il film è stato sottoposto, One Second rimane l’opera perfettamente compiuta di un autore che ha un pensiero personale da esprimere, non un film di propaganda. Nell’essenzialità della storia - che in più momenti rende omaggio al cinema apparentemente ingenuo dell’epoca del muto - e nelle bellissime sequenze in cui la pellicola si mostra materia viva, da curare e trattare con il rispetto dovuto alle cose preziose, certamente Yimou non manca l’obiettivo di omaggiare il Cinema in tutta la sua essenza materica che si fa sogno e fascinazione quando la lampada illumina e magnifica le immagini. Quel Cinema che riempiva le sale di spettatori urlanti per l’impazienza di abbandonarsi all’emozione collettiva fin nei remoti paesini cresciuti ai limiti del deserto. Quello stesso Cinema che si faceva strumento della propaganda del potere attraverso la rappresentazione di vicende edificanti di eroi di guerra e studenti pronti a sacrificarsi con un sorriso per l’avanzamento del popolo.
Alla visione collettiva, che si traduce in lezione di patriottismo e sani principi somministrata dal bonario Mister Film, abile proiezionista e al contempo perfetto risultato delle strategie educative del regime, si oppone la solitaria ricerca del protagonista che, incurante di ogni altra cosa, appunta lo sguardo su quel secondo di pellicola che deve nutrire la sua solitudine, i suoi ricordi e i suoi rimorsi.
 
Egli è, come l’orfana Liù, un esito sbagliato dell’opera di educazione compiuta dal potere: un cattivo elemento. Entrambi infatti non partecipano dello sforzo collettivo con intenti determinati dal bene della comunità. Finendo con l’esserne vittime.
L’individuo e la società sono il terreno della critica, neanche troppo velata, degli autori. Osserviamo nelle scene di massa, ad esempio quelle dedicate al lavoro di restauro del film, la cui bellezza non può che restare impressa nella mente di ogni amante del Cinema, una comunità di uomini e donne che con ammirevole zelo si presta a condividere lo sforzo che porterà del bene a tutti, ma non ha un’anima solidale che brilla al suo interno. Lo comprendiamo attraverso la vicenda dell’orfana Liù e del piccolo fratello di lei che tutti conoscono ma di cui nessuno si prende cura: devono cavarsela da soli e, quando si mette male, gli zelanti ed operosi concittadini non intervengono a difenderli dalla violenza e l’arroganza dei bulli. Lo confessa il signor Film, rivelando il conflitto fra gratitudine nei confronti di colui che lo ha aiutato a salvare la reputazione e dovere di agire con lealtà verso la comunità, mettendola al riparo da colui che è stato riconosciuto un pericolo per essa.
Ma Liù e il Cattivo soggetto ci mostrano che c’è ancora spazio in questo immenso mondo, in cui non sembrano esservi strade tracciate che non siano piste rimodellate di continuo dal vento che cancella le orme degli uomini, per un sorriso spontaneo e un gesto rivelatore di attenzione e affetto.
 
Ornella De Stefano
 
ZHANG YIMOU (Xi’an/Cina, 1950)
FILMOGRAFIA
1987 Sorgo rosso (Hong gao liang)
1990 Ju Dou 
1991 Lanterne rosse (Da hong deng long gao gao gua)
1992 La storia di Qiu Ju (Qiu Ju da guan si)
1994 Vivere! (Huozhe)
1995 La triade di Shanghai (Yao a yao yao dao waipo qiao)
1997 Keep Cool (You hua hao hao shuo)
1999 Non uno di meno (Yi ge dou bu neng shao)
1999 La strada verso casa (Wo de fu qin mu qin)
2001 La locanda della felicità (Xingfu shiguang)
2002 Hero (Ying xiong)
2004 La foresta dei pugnali volanti (Shi mian mai fu)
2005 Mille miglia... lontano (Qian li zou dan qi)
2007 La città proibita (Man cheng jin dai huang jin jia)
2007 Guardando il film (En regardant le film), episodio di Chacun son cinéma
2009 Sangue facile (A Simple Noodle Story / San qiang pai an jing qi)
2010 Under the Hawthorn Tree (Shānzhāshù Zhī Liàn
2011 I fiori della guerra (Jin líng shí san chai)
2018 Shadow (Ying)
2020 One Second (Yi miao zhong)
Domenica, 12 Marzo 2023 19:49

L'anno che verrà

Da Jean Vigo (Zero in Condotta, 1933) a François Truffaut (I quattrocento colpi, 1959 e Gli anni in tasca, 1976) fino alle opere più recenti di Laurent Cantet (La classe, 2008) e Olivier Ayache-Vidal (Il professore cambia scuola, 2017), per citare solo le opere più importanti e fortunate dai tempi del muto ai giorni nostri, la vita fra le mura scolastiche è stata al centro delle opere dei più importanti cineasti francesi.

Laboratorio sociale o istituzione in cui si riproducono le rigidezze e le fallacie di società classiste e autoritarie, la scuola è il luogo in cui le energie dei giovani si rafforzano, si incanalano o si disperdono. Qualche volta quello in cui, fra entusiasmo e ideologia, si preparano le rivoluzioni.

A questo stesso mondo si approcciano, con intento da principio fortemente autobiografico, lo sceneggiatore-scenografo Mehdi Idir e il poeta slameur Fabien Marsaud alias Gran Corps Malade tornando a Franc-Moisin nella città di Saint Denis, banlieue di Parigi, dove entrambi sono nati e hanno studiato. A trenta minuti di treno dal centro della capitale, questo popoloso quartiere raccoglie soprattutto famiglie di immigrati maghrebini e delle colonie: seconde e terze generazioni che della cultura di origine conservano spesso appena i nomi. Nel sistema scolastico francese tali aree sono oggi considerate Zona di Educazione Prioritaria (ZEP) con la definizione di varie strategie per venire incontro alle classi socialmente svantaggiate rispetto all’educazione scolastica, a segno di un interesse mantenutosi al variare dei governi dagli anni ‘80 in poi.

I registi, entrambi vocati ad un approccio diretto e realistico, hanno selezionato luoghi ben noti e scelto buona parte degli attori fra coloro che in essi vivono la loro quotidianità, prediligendo un tono di commedia che si serve del linguaggio provocatorio e sfidante degli adolescenti del presente e dei ritmi hip hop della loro musica prediletta, ma non rinuncia a rappresentare i risvolti drammatici delle loro vite, impossibili da mascherare dietro la leggerezza e spensieratezza dell’età.

Sulle tracce dei ricordi felici degli anni adolescenziali e girando con libertà talora documentaristica per le strade del quartiere, le aule e i corridoi, mettendo insieme ricordi divertenti o drammatici della loro esperienza studentesca, gli autori cercano di scoprire i cambiamenti intervenuti attraverso la conoscenza con i ragazzi del liceo. E scoprono così che essi sono oggi alle prese con problemi non troppo dissimili da quelli che loro stessi hanno incontrato nel loro personale processo di maturazione, oltre vent’anni prima. Problemi che si sostanziano nel quotidiano confronto con il proprio piccolo mondo: il gruppo degli amici, le regole rigide dell’istituto, i professori più o meno capaci di offrire guida e sostegno e i familiari adulti, talora distratti e assorbiti dal proprio difficile processo di integrazione, tra il lavoro e i bisogni della quotidianità in una terra straniera.

La scuola diventa così per i ragazzi il perno attorno al quale ruotano molti degli interessi, ma soprattutto il luogo ove è loro offerta l’opportunità di incontrare figure capaci di guidarli nella ricerca di un senso di sé e a sfidarli a mettersi alla prova per riconoscersi capacità e perseguire passioni, sviluppando qualità professionali e umane che potranno esser loro utili nella vita.

Queste persone possono fare la differenza, in positivo o in negativo, ed indubbiamente in questo variegato contesto si incontrano tutte le possibilità.

Spicca fra esse Samia Zibra, la giovane ma capace e appassionata CPE (Consigliera Principale d’Educazione), alla quale è demandato il complesso e delicato incarico di far da collegamento fra i docenti, gli studenti e le famiglie. Alla sua scrivania arrivano prima o poi tutte le urgenze, i casi di indisciplina e le frustrazioni di coloro che si muovono fra le mura scolastiche e sarà un suo merito districarsi fra mille sollecitazioni riuscendo a conservare la capacità di attenzione per i ragazzi e l’interesse umano per loro. È cresciuta in fretta, nel suo passaggio dalle tranquille alture dell’Ardéche alla sterminata pianura dell’interland parigino, e ha imparato a fare la differenza, senza lasciarsi scoraggiare né dalle provocazioni e le furbizie degli alunni né dalla ferma severità o inadeguatezza dei genitori, parando i danni provocati da qualche collaboratore infedele o troppo superficiale. La sua storia si intreccia con quella di Yanis, esempio archetipico dello studente che alcuni professori vorrebbero avere in classe nella convinzione di poterne ricavare qualcosa di buono, costruendo sulla sua intelligenza e prontezza, e che invece altri vorrebbero levarsi di torno al più presto per non avere a che fare con certi suoi eccessi di insolenza provocatoria. Ma Yanis, incapace di riconoscersi un valore, di immaginare un futuro per se stesso, di riconoscere i propri interessi, è proprio il caso che discrimina il successo dall’insuccesso di un metodo scolastico, perché con i ragazzi spesso il conseguimento del solo obiettivo di tenerli via dalla strada può essere comunque un fallimento.

di Ornella De Stefano

Titolo originale: LA VIE SCOLAIRE
Regia e sceneggiatura: Mehdi Idir e Grand Corps Malade
Fotografia: Antoine Monod
Scenografia: Sylvie Olivé
Costumi: Claire Lacaze
Montaggio: Laure Gardette
Musiche: Angelo Foley
Cast: Zita Hanrot (Samia Zibra), Liam Pierron (Yanis Bensaadi), Soufiane Guerrab (Messaoud), Moussa Mansaly (Moussa), Alban Ivanov (Dylan), Antoine Reinartz (Thierry Bouchard) Produzione: Mandarin Cinéma, Kallouche Cinéma
Distribuzione: Movies Inspired
Francia, 2019
Durata: 111'
RICONOSCIMENTI
XI France Odeon: Premio del Pubblico.
Premi César 2020: candidatura Migliore Attore Emergente a Liam Pierron
MEHDI IDIR
Francia/Saint-Denis, 1979
FILMOGRAFIA
2016 Patients
2017 Step by step
2019 L’anno che verrà
2020 Alban Ivanov: Élément perturbateur (doc)
2020 Pendant 24h (cm)
2023 Monsieur Aznavour
GRAND CORPS MALADE
[Fabien Marsau]
Francia/Le Blanc-Mesnil, 1977
FILMOGRAFIA
2016 Patients
2019 L’anno che verrà
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